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Termine ordinario per la riscossione del credito erariale, anche se è scaduto il termine di opposizione.

Per la riscossione, l’ente impositore ha tempo cinque anni, anche se il contribuente ha fatto scadere il termine per opporsi. In questo caso non è infatti possibile convertire il termine ordinario in quello decennale, lo ha ricordato la Corte di Cassazione con l’ordinanza della Sesta Sezione Civile depositata il 7 dicembre 2018, n. 31817, con la quale i giudici del Palazzaccio hanno respinto il ricorso di Equitalia.

Infatti – hanno ricordato gli Ermellini romani – «il principio di carattere generale secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito, ma non anche la cosiddetta conversione del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c.». In questo caso, la scadenza del termine di opposizione produce il solo effetto della irretrattabilità della pretesa. Dunque, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione sostanziale più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione non consente di fare applicazione dell’’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo. Come nel caso in esame, nel quale mancavano gli elementi per proporre la tesi dell’estensione del termine prescrizionale decennale.

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